OneCoin, una truffa pericolosa?

Sullo scenario delle criptovalute è apparso OneCoin, un prodotto concorrente il Bitcoin, che si ottiene attraverso un processo di mining diverso dal logaritmo informatico. Questa moneta virtuale è molto differente dalle altre, poiché essa si acquista soprattutto grazie a degli incontri dove il team OneCoin raccoglie nuovi seguaci, affermando di tramutare in pochissimo tempo l’investimento iniziale in un ottimo guadagno. Altra soluzione è recarsi presso il sito internet e compiere l’acquisto. Sembra essere una forma di investimento in criptovalute, tendando di speculare sull’aumento del valore della stessa, tuttavia non è così.

Come funziona OneCoin

Come accennato, per ottenere OneCoin bisogna investire nel programma omonimo, il quale ha cambiato di recente il proprio nome in onelife. L’acquirente acquista dei pacchetti chiamati Token, che vanno da un centinaio a diverse migliaia di euro. La prima differenza con la normale criptovaluta è immediata: OneCoin appare come un prodotto commerciale non libero, ma concesso da un organismo aziendale. Lo stesso garantisce un guadagno basato sul valore in crescita della moneta virtuale. Ottenuto il token, si può scegliere di attendere che il loro valore aumenti, oppure si può optare per il mining. Per cui sono proprio questi pacchetti il fondamento per generare gli OneCoin, diversamente da quanto avviene per i Bitcoin che sono il risultato di un complesso calcolo matematico. Questa procedura di incremento del valore della monta ha spinto all’apertura di indagini da parte di diversi organismi internazionali, che portato alla sospensione del titolo o ad indagini giudiziarie.

OneCoin la truffa

Esaminando la società a capo della diffusione di questa moneta virtuale, risalta il nome di Ruja Ignatova, di origine bulgara, con residenza tedesca. Scavando a fondo, gli organi preposti hanno scoperto che OneCoin viene gestito da numerose piccole società distribuite in quattro continenti, con la holding principale avente sede negli Emirati Arabi. All’esame preliminare appare essere una tipica struttura creata allo scopo preciso di operare truffe. Le prime indagini sono partite dalla Germania, seguite da un’operazione in Bulgaria ed il sequestro dei server principali.

L’Antitrust italiana ha definito OneCoin un operazione basata sullo schema Ponzi. In sostanza significa che i guadagni di coloro che investono vengono irrogati grazie all’investimento successivo di altri clienti, creando una forma piramidale rovesciata destinata a crollare. La conferma di è data da vari fattori che rispecchiano proprio lo schema Ponzi, che sono:

· durante gli incontri per vendere i token, chi parla non risponde mai a domande che possono mettere in difficoltà portando alla luce considerazioni scomode;

· la società a capo della diffusione di questa criptovaluta non è facilmente identificabile;

· adottano una politica di vendita aggressiva, poggiandosi sul desiderio individuale dei clienti di guadagnare senza accertarsi con attenzione della verità;

· promettono un minimo di guadagno del 10%. Questa percentuale è l’emblema dello schema Ponzi, quel guadagno che risalta anche nella truffa operata dallo speculatore Madoff, colui che fece crollare anni addietro l’economia degli USA adoperando appunto questo tipo di truffa.

Ad oggi sono in atto decine di operazioni giudiziarie, che coinvolgono la Germania, la Bulgaria, l’Italia, l’Inghilterra, gli Stati Uniti, il Canada e altre nazioni. OneCoin è esclusivamente uno strumento all’apparenza speculativo, che nasconde a tutti gli effetti uno schema Ponzi allo scopo di estorcere denaro da chi crede nelle fantomatiche possibilità di una ipotetica criptovaluta.